Santi del 28 Maggio
*Antoni Julian Nowowiejski e & *Carauno *Eliconide di Tessalonica *Emilio, Felice e & *Ercolano da Piegaro *Gemiliano *Germano di Parigi *Giusto di Urgel *Guglielmo di Gellone *Ladislao Demski *Lanfranco di Canterbury *Luciano *Luigi Biraghi *Margherita Pole *Maria Bartolomea Bagnesi *Maria della Natività *M.Serafina del S.Cuore *Paolo Hanh *Tommaso Ford e & *Ubaldesca Taccini *Altri Santi del giorno *
*Beati Antoni Julian Nowowiejski e Compagni - Martiri dei Nazisti (28 Maggio)
Scheda del gruppo a cui appartengono i Beati Antoni Julian Nowowiejski e Compagni:
"Beati 108 Martiri Polacchi"
Libiene (Oparow) Polonia, 11 febbraio 1858 – Dzialdowo, 28 maggio 1941
Martirologio Romano: Nella città di Działdowo in Polonia, Beato Antonio Giuliano Nowowiejski, vescovo di Płock, che, nel medesimo periodo, recluso dai nemici in un campo di prigionia, sfinito dalla fame e da crudeli torture migrò al Signore.
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il 13 giugno 1999 a Varsavia, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia, 108 martiri vittime della persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione nazista tedesca, dal 1939 al 1945.
L’odio razziale operato dal nazismo, provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca, fra cui molti religiosi, sacerdoti, vescovi e laici impegnati cattolici.
Fra i tanti si è potuto, in base alle notizie raccolte ed alle testimonianze, istruire vari processi per la beatificazione di 108 martiri, il primo processo fu aperto il 26 gennaio 1992 dal vescovo di Wloclawek, dove il maggior numero di vittime subì il martirio; in questo processo confluirono poi altri e il numero dei Servi di Dio, inizialmente di 92 arrivò man mano a 108.
Diamo qualche notizia numerica di essi, non potendo riportare in questa scheda tutti i 108 nomi.
Il numeroso gruppo di martiri è composto da quattro gruppi principali, distinti secondo gli stati di vita: vescovi, clero diocesano, famiglie religiose maschili e femminili e laici; appartennero a 18 diocesi, all’Ordinariato Militare ed a 22 famiglie religiose.
Tre sono vescovi, 52 sono sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 religiose, 9 laici.
Subirono torture, maltrattamenti, imprigionati, quasi tutti finirono i loro giorni nei campi di concentramento, tristemente famosi di Dachau, Auschwitz, Sutthof, Ravensbrück, Sachsenhausen; subirono a seconda dei casi, la camera a gas, la decapitazione, la fucilazione, l’impiccagione o massacrati di botte dalle guardie dei campi. La loro celebrazione religiosa è singola, secondo il giorno della morte di ognuno.
Fra loro ci fu il vescovo Antoni Julian Nowowiejski, nato a Libienie presso Oparow nella Polonia Meridionale, l’11 febbraio 1858; a sedici anni entrò nel Seminario diocesano di Plock; fu ordinato sacerdote a Plock il 10 luglio 1881 e l’anno seguente conseguì la laurea in teologia all’Accademia di Pietroburgo, proseguì nella sua meritata carriera divenendo in seguito Rettore del Seminario Diocesano e dal 1902 Vicario Generale della diocesi; il 12 giugno 1908 venne nominato vescovo di Plock che governò a lungo; nel 1930 Papa Pio XI gli conferì il titolo di arcivescovo.
Il suo fu un episcopato esemplare, vescovo di profonda spiritualità e grande spirito di preghiera, fu in pari tempo un grande promotore di ricerche teologiche.
Durante l’occupazione nazista, venne arrestato il 28 febbraio 1940 insieme ad un gruppo di sacerdoti, fu internato prima a Slupno e poi rinchiuso nel campo di concentramento di Dzialdowo.
Rifiutò l’aiuto offertagli per salvarsi, dicendo: “ Come può un pastore abbandonare le proprie pecore?”. E di nascosto benché sofferente, impartiva la benedizione ai torturati e moribondi; nonostante l’età avanzata, fu maltrattato con particolare accanimento; indebolito per il crudele regime del campo, completamente consumato dalle torture e dalla fame, morì il 28 maggio 1941 ad 83 anni e dopo tre mesi d’internamento a Dzialdowo.
Il suo corpo, denudato, fu portato via su un carro e sepolto in un luogo sconosciuto.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Antoni Julian Nowowiejski e Compagni, pregate per noi.
*San Carauno - Martire (28 Maggio)
sec. V
Martirologio Romano: A Chartres nella Gallia lugdunense, in Francia, San Carauno, martire.
Attraverso una Vita leggendaria del sec. IX, ci sono note le vicende di Carauno (Cerauno; fr. Chéron) che, nato a Roma nel sec. V da famiglia patrizia, si sarebbe convertito al cristianesimo e, ordinato diacono, avrebbe raggiunto la Gallia, predicando a Marsiglia, a Lione e a Chartres.
A poca distanza da questa città, nel luogo ove si trova l'odierno villaggio di Saint-Chéron, fu assassinato da alcuni ladri.
Una cappella, costruita sulla sua tomba, divenne meta di pellegrinaggi e in quel luogo, celebre per i miracoli che vi si operavano, fu edificato un monastero, la cui esistenza è documentata già nel sec. IX. La comunità monastica fu poi dispersa dalla Rivoluzione francese.
Il fervore dei pellegrini ha portato senza dubbio alla fabbricazione di una leggenda nella quale, accanto ad influssi di altre Vitae di santi, sussistono, forse, tracce di una tradizione orale concernente Carauno.
Le reliquie del martire, salvate durante la Rivoluzione, furono deposte nel 1849 nella nuova chiesa di Chartres dedicata a Carauno, la cui festa ricorre al 28 maggio nella diocesi di Chartres e in qualche altra, tra cui quella di Parigi.
Nell'abbazia che gli era dedicata, il 18 ottobre si celebrava, un tempo, la festa della traslazione.
In una cappella del deambulatorio, nella cattedrale di Chartres, è una vetrata del sec. XIII che illustra la leggenda del Santo.
(Autore: Roger Desreumaux - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Carauno, pregate per noi.
*Sant'Eliconide di Tessalonica - Vergine e Martire (28 Maggio)
sec. III
Martirologio Romano: A Corinto in Acaia, in Grecia, Santa Elicónide, martire, che, al tempo dell’imperatore Gordiano, sotto il governatore Perennio e poi sotto il suo successore Giustino, subiti molti supplizi, coronò con la decapitazione il suo martirio.
Vergine cristiana di Tessalonica, durante la persecuzione di Gordiano esorta gli abitanti di Corinto ad abbracciare la vera fede.
È arrestata dal proconsole Perinio il quale, ammirandone la bellezza, cerca di persuaderla al culto degli dei: non riuscendo nel suo intento, ricorre alla tortura.
Le fa scarnificare le piante dei piedi, la fa immergere nel piombo bollente e tormentare con altre simili atrocità. Ma la Santa ne esce indenne, anche per l'intervento di un angelo e, anzi, entrata in un tempio pagano, vi abbatte e frantuma gli idoli che vi trova.
Intanto a Perinio succede un altro proconsole non meno crudele, Giustino: ma neppure le crudeltà di costui hanno presa su Eliconide.
È gettata in una fornace ardente, ma la fiamma risparmia lei ed uccide settanta soldati; è posta su un letto di bronzo infuocato, ma Cristo stesso con gli arcangeli Michele e Gabriele appare a rincuorarla ed a ridarle forza con un pane celeste; è gettata in pasto ai leoni, ma questi non la toccano; infine (nel 244, deducono i Bollandisti negli Acta Sanctorum) le si recide il capo con la spada, e dal tronco esce latte invece di sangue.
Così la passio greca, da cui dipendono poi gli elogi di sinassari e menei bizantini al 28 o 27 maggio e del Martirologio Romano, pure al 28 maggio (il testo, però, muta il nome della Santa in Elconidé).
Tuttavia, quel documento, che pure si dice scritto dai due testimoni oculari Luciano e Paolo (nomi, si noti, di due celeberrimi personaggi di Samosata), non merita fiducia alcuna.
Esso non è che una mediocre composizione retorica, piena di incongruenze (come nell'indicare un consolato comune dei due imperatori Gordiano e Filippo) e di luoghi comuni, e si rivela niente più che uno dei soliti romanzi agiografici di cui sono così ricche le letterature greca e latina dell'Alto Medievo.
Il Geronimiano e le fonti antiche ignorano il nome di E. di Tessalonica - Corinto, né altri monumenti ne celebrano il culto.
(Autore: Giovanni Lucchesi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eliconide di Tessalonica, pregate per noi.
*Santi Emilio, Felice, Priamo e Feliciano - Martiri Venerati in Sardegna (28 Maggio)
Etimologia: Emilio = cortese o emulo, dal latino
Emblema: Palma
Sono commemorati nel Geronimiano e in altri martirologi antichi il 28 maggio. Ma Priamo sta per Primo e Felice si identifica con Feliciano: due autentici martiri romani del 9 giugno Di Emilio non si sa nulla.
L'indicazione della Sardegna come luogo del martirio è un errore. É ben vero che in quest'isola nel 1620 furono trovate le reliquie di Priamo, Luciano (corruzione di Feliciano) ed Emiliano (variante di Emilio), ma i sardi sono famosi per apporre nomi di Santi a una grande quantità di ossa scavate nelle loro chiese e per fabbricare epigrafi spurie.
(Autore: Pietro Burchi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Emilio, Felice, Priamo e Feliciano, pregate per noi.
*Beato Ercolano da Piegaro - Sacerdote Francescano (28 Maggio)
m. 1451
Martirologio Romano: Presso Castelnuovo nella Garfagnana in Toscana, Beato Ercolano da Piegaro, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che, insigne predicatore, rifulse per l’austerità di vita, i lunghi digiuni e la fama di miracoli.
Minore Osservante, nato a Piegaro (Perugia), era già attivo predicatore poco dopo il 1420. Prima non si hanno notizie. Stava, nel 1430, predicando la Quaresima nel duomo di Lucca, allorché i fiorentini assalirono la città.
Ercolano fece di tutto per soccorrere gli assediati, che presto vennero a mancare di viveri, e sembra riuscisse a far introdurre nella cerchia urbana grano e animali da carne per mezzo di una sortita nelle campagne.
A meglio animare il popolo alla resistenza, predisse poi l'imminente ritiro delle truppe nemiche, cosa che puntualmente si verificò. In compenso i lucchesi gli diedero il convento di Pozzuolo. Deve essere dell'anno successivo una sua predicazione a Perugia, che commosse la città.
A Firenze il 23 agosto 1434 ottenne da Eugenio IV una bolla che gli permetteva di fondare altri due conventi nella Lucchesia: a Barga e presso Castel-nuovo di Garfagnana.
Nel corso di una predicazione a Pieve di Castelnuovo cominciò la costruzione di una piccola casa. Ve lo distolse il confratello Alberto da Sarteano, legato papale, che lo volle con sé nella missione d'Oriente del 1435-1437.
Tornato in patria, Ercolano espletò mansioni di superiore degli Osservanti nel territorio lucchese.
Morì nel convento di Castelnuovo nel 1451, dopo il mese di maggio, perché si sa che allora era a Viterbo a predicare. Sepolto in luogo umido, il suo corpo, riesumato illeso dopo cinque anni, fu trasportato nella chiesa conventuale, dove ancora si venera. Pio IX ne approvò il culto nel 1860.
È festeggiato il 28 maggio.
(Autore: Giacomo V. Sabatelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ercolano da Piegaro, pregate per noi.
*San Gemiliano (o Emiliano o Emilio) - Vescovo e Martire (28 Maggio)
Emblema: Bastone pastorale, Palma
Presunto vescovo di Cagliari martire nel primo secolo dopo Cristo sotto la persecuzione di Nerone.
Sembra invece un martire del secondo secolo dopo Cristo a Cagliari presso la Porta Cabagna nel rione Villanova.
Nella tradizione però si narra che Gemiliano morì martire nella campagna di Sestu.
Qui sorge una chiesa di fattura pisana e vi si celebra una sagra in suo onore.
San Emiliano o Emilio (Santu Millanu) è venerato in altre località della Sardegna: Villanova Truschedu, Bosa (con San Priamo), Muravera e Gonnosnò. Iconograficamente è raffigurato come un vescovo (di Cagliari ?!).
La memoria liturgica è il 28 maggio.
(Autore: Don Marco Grenci – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Gemiliano, pregate per noi.
*San Germano di Parigi - Vescovo (28 Maggio)
Autun (Francia), fine del V secolo - Parigi, 28 maggio 576
Saint-Germain-des-Prés è oggi tra i quartieri più suggestivi di Parigi. La chiesa che vi sorge è stata ricostruita nel 990, dopo la distruzione dell'abbazia precedente. L'edificio - che sorgeva appunto "nei prati" attorno a Parigi - era stato voluto da re Childerico, che l'aveva donato a Germano (496-576), abate del monastero benedettino di San Sinforiano, cui attribuiva la sua miracolosa guarigione.
Saint-Germain divenne il monastero più importante di Parigi e uno dei grandi polmoni spirituali dell'Occidente. Germano fu poi nominato vescovo di Parigi. Oggi riposa nella chiesa che porta il suo nome. (Avvenire)
Etimologia: Germano = fratello/sorella, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Parigi in Francia, San Germano, vescovo, che fu dapprima abate di San Sinforiano di Autun e, eletto poi alla sede di Parigi, mantenne uno stile di vita monastico, dedicandosi a una fruttuosa opera di cura delle anime.
La vita di San Germano è nota soprattutto attraverso la biografia scritta dal suo amico Fortunato di Poitiers impostata, peraltro, con un troppo evidente gusto per il meraviglioso.
I documenti più seri, relativi soprattutto alla fondazione dell'abbazia di S. Germano e ai primi tempi della sua storia, sono scomparsi al tempo delle invasioni normanne, alla fine del IX sec., e non è quindi possibile effettuare su di essi un controllo severo.
Altri documenti sono falsi, redatti molto tempo dopo.
Germano, nato ad Autun verso la fine del V sec., sarebbe stato vittima di due tentativi di assassinio, a cui sfuggì miracolosamente: il primo per una minaccia di aborto mentre la madre lo attendeva ed il secondo poco dopo per avvelenamento.
Doveva essere di famiglia relativamente agiata dato che proseguì negli studi ad Avállon. Per quindici anni abitò presso un parente, Scopillone, in una località di incerta identificazione: Laizy (Saoneet-Loire), o Lucey (Cote-d'Or).
Già in quest'epoca, senza dubbio, doveva condurre vita eremitica o di reduso, usanza assai frequente nella Francia del V e VI sec.
Richiamato da Agrippino, vescovo di Autun, è ordinato diacono e poi, tre anni dopo, prete.
Il successore di Agrippino, Nettario, gli affida la direzione del monastero di S. Sinforiano che egli risolleva, non senza difficoltà, dalla decadenza e nel quale egli cercherà i primi elementi per la sua fondazione parigina.
Verso il 556, mentre si trova a Parigi presso il re Chilperico, questi, che apprezza i suoi consigli, lo chiama a succedere al vescovo Libano.
D'ora in avanti egli dedicherà parte del suo zelo al compito di moderatore presso il principe ed i suoi successori Clotario e Cariberto; moderatore, tuttavia, più o meno ascoltato, soprattutto in occasione delle crudeli lotte che segnarono la successione di Clotario e che resero famosi i sinistri nomi delle regine Brunechilde e Fredegonda.
Fortunatamente conobbe anche la sposa di Clotario, Santa Redegonda, e nel 561, a Poitiers, vide anche benedire la prima badessa di Santa Croce, stabilendo nella stessa epoca legami di amicizia con il poeta Fortunato, suo futuro biografo.
Il nome di Germano è soprattutto legato alla fondazione, da parte di Chilperico, dopo il 543, di un monastero destinato ad ospitare i trofei riportati dalla Spagna: ciò spiega il primitivo patronato della Santa Croce e di S. Vincenzo di Saragozza.
Qui Germano chiamò alcuni monaci da S. Sinforiano, sotto la direzione di Drottoveo, e ne consacrò la chiesa un 23 dicembre, probabilmente del 558.
Infine Germano partecipò ad alcuni grandi avvenimenti della Chiesa di Francia: il concilio di Tours del 567, i concili di Parigi, tra cui quello del 573, e la consacrazione del vescovo Felice di Bourges nel 570.
Fino a data recente gli si attribuivano anche due lettere, molto interessanti per la conoscenza della liturgia gallicana, che, tuttavia, il Wilmart ha dimostrato essere a lui posteriori.
Germano morì ottuagenario il 28 maggio 576 e fu inumato nella cappella di S. Sinforiano attigua alla chiesa abbaziale, in una tomba decorata, verso il 635, da Sant' Eligio, consigliere di re Dagoberto.
Nel 54, per ordine di Pipino il Breve, fu effettuata una solenne traslazione alla presenza del giovane Carlo Magno e di numeroso clero; tale traslazione portò al cambiamento della dedicazione della chiesa, mentre avvenivano i miracoli narrati abbondantemente dal monaco Aimone.
Da questo momento il monastero e la sua chiesa (distinta dalla antica chiesa di St.-Germainle-Vieux, demolita nel 1802) onorano il quartiere di St.-Germain-des-Prés, importante centro di vita benedettina dei secc. XVII-XVIII ed uno dei più pittoreschi della Parigi moderna.
(Autore: Gérard Mathon – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Germano di Parigi, pregate per noi.
*San Giusto di Urgel - Vescovo (28 Maggio)
sec. VI
Martirologio Romano: A Urgell nella Spagna settentrionale, San Giusto, vescovo, che scrisse una interpretazione in chiave allegorica del Cantico dei Cantici e partecipò a vari concili spagnoli.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giusto di Urgel, pregate per noi.
*San Guglielmo di Gellone - Monaco (28 Maggio)
m. 28 maggio 812
Martirologio Romano: Nel monastero di Gellone nella Gallia narbonense, ora in Francia, San Guglielmo, monaco, che, personalità di assoluto prestigio nella corte dell’imperatore, unito a San Benedetto d’Aniane da profondo legame di affetto, vestì l’abito monastico con grande onestà di costumi.
Guglielmo visse in un periodo di importanti cambiamenti politici. Era nato durante il regno di Pipino il Breve (715-768), figlio di Carlo Martello e padre di Carlo Magno (742-814).
Figlio di Teodorico, conte di Tolosa, ricevette educazione appropriata al suo rango. Fu in servizio a corte quando Pipino era già morto e Carlo Magno era diventato re dei franchi (768).
Dopo aver ricoperto diverse cariche a corte, fu inviato da Carlo Magno a combattere i saraceni che minacciavano i franchi soprattutto dal fronte spagnolo.
Riscosse un grande successo come condottiero sconfiggendo gli arabi, finendo così per rappresentare l'ideale del condottiero cristiano in numerose e successive chansons de geste.
In considerazione dei suoi successi militari, venne nominato duca di Aquitania, titolo che lo metteva anche in un' evidente posizione di forza nel caso che le ostilità fossero ricominciate. Non sentendosi tuttavia soddisfatto di una carriera puramente secolare volle edificare un monastero e ospitarvi monaci provenienti da Aniane (vicino a Narbona), conosciuto in seguito come il più ragguardevole centro del monachesimo benedettino dell'Europa occidentale.
Trovò un luogo adatto a Gellone, a circa un' ora di distanza nella valle del Reno, e realizzò il suo desiderio fondando non uno ma due monasteri: uno maschile e uno femminile, in cui entrarono anche le sue sorelle.
Visse a corte ancora qualche anno, godendo di grande ammirazione e prestigio, ma alla fine, con il consenso di Carlo Magno, la lasciò per farsi monaco nell'abbazia da lui costruita.
Come segno della sua decisione appese le armi nella chiesa di San Giuliano a Brioude (Alta Loira), sulla strada che dalla corte (alcune volte itinerante, ma di solito stanziata ad Aquisgrana) di Carlo Magno conduceva a Gellone.
Giunto a destinazione ricevette l'abito monastico da San Benedetto di Aniane, che divenne da quel momento la sua guida spirituale. Morì alcuni anni dopo (28 maggio 812) nel monastero che in seguito fu chiamato, in suo onore, San Guglielmo nel Deserto.
Fu canonizzato da Alessandro II nel 1066.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Guglielmo di Gellone, pregate per noi.
*Beato Ladislao (Wladyslaw) Demski - Sacerdote e Martire (28 Maggio)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Sztum, Polonia, 5 agosto 1884 – Sachsenhausen, Germania, 28 maggio 1940
Wladyslaw Demski, sacerdote dell’arcidiocesi di Gniezno, cadde vittima dei nazisti in odio alla sua fede cristiana.
Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 lo elevò agli onori degli altari con ben altre 107 vittime della medesima persecuzione.
Martirologio Romano: A Sachsenhausen in Germania, Beato Ladislao Demski, martire, che, di origine polacca, morì tra crudeli torture in un campo di prigionia per aver difeso la fede davanti ai seguaci di dottrine ostili ad ogni dignità umana e cristiana.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ladislao Demski, pregate per noi.
*Beato Lanfranco di Canterbury – Vescovo (28 Maggio)
Etimologia: Lanfranco = paese libero, libero nel paese, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Canterbury in Inghilterra, Beato Lanfranco, vescovo, che, monaco di Bec in Normandia, fondò una celebre scuola e disputò contro Berengario circa la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel Sacramento eucaristico; eletto poi alla sede di Canterbury, si adoperò per la riforma della disciplina ecclesiastica in Inghilterra.
É denominato anche Lanfranco da Pavia, giacché nacque in questa città ca. il 1005, da famiglia agiata. Mortogli il padre, ancora giovane, esercitò la magistratura nella sua città. Sulla giovinezza di Lanfranco non molte sono le notizie riferiteci dal più antico biografo, Milone Crispino, dell'abbazia di Bec, il quale, ca. il 1140, ne narrò particolarmente le attività svolte da abate e da arcivescovo. Alcuni dati biografici furono in seguito deformati specie nella Cronaca di Enrico di Knighton e da Guglielmo di Thorn.
Formatosi alla scuola giuridica pavese (manca una sicura documentazione di una presenza di Lanfranco nello studio bolognese, esercitò nella città natia l'ufficio di letterato e di avvocato.
Non si conoscono i motivi che determinarono l'abbandono di Pavia nel 1035; si è pensato che sia avvenuto per contrasti fra famiglie nobili, non infrequenti in quel tempo.
Si trasferì ad Avranches, in Normandia, ove per vivere aprì una scuola di lettere e dialettica. Mancandogli il successo e la tranquillità pensò di trovar migliore fortuna a Ronen. Durante il viaggio fu catturato da predoni; il fatto lo impressionò e promise che se avesse avuto salva la vita, si sarebbe fatto monaco (ca. 1042).
Mantenne il voto entrando nel monastero di Bec, fondato da poco tempo da Erluino. I primi anni non furono facili; non sembrandogli buona la vita che vi si conduceva, pensò di ritirarsi in eremitaggio, ma ne fu dissuaso dallo stesso Erluino che gli dimostrò la sua fiducia nominandolo priore ed affidandogli la direzione della scuola monastica.
Sotto l'impulso di Lanfranco questa scuola divenne una delle piú celebri dell'epoca; in essa si formarono: Ivo di Chartres, Anselmo di Aosta, Anselmo di Lucca, il card. Guitmondo, Teodorico di Paderborn. Nicolò II gli inviò cappellani romani perché si esercitassero nella dialettica e nella retorica ed altrettanto fece Alessandro II coi suoi nipoti.
La notorietà della scuola fu strettamente connessa con la controversia eucaristica suscitata in quel tempo da Berengario di Tours. Infatti Lanfranco contrastò con decisione e fermezza la dottrina di Berengario sia partecipando a numerosi sinodi come quelli di Roma e di Vercelli del 1050, di Tours del 1055, sia con uno scritto, divenuto famoso: Libellus de sacramento corporis et sanguinis Christi contra Berengarium, che gli meritò dai contemporanei la fama di miglior teologo dell'Occidente.
Fu anche stimato consigliere di Guglielmo il Conquistatore. Le prime relazioni con questo duca non furono facili, giacché sembra che Lanfranco non fosse favorevole alle nozze di questi con la cugina Matilde di Fiandra (1053): opposizione sancita anche a Roma. Per questo Guglielmo aveva intenzione di espellere il monaco dalla Normandia; ma nel 1059 Lanfranco si recò a Roma e seppe ottenere da Nicolò II la dispensa di parentela. Il risultato positivo della missione fece entrare il monaco nelle grazie del duca che accettò ben volentieri, come penitenza per la dispensa, di costruire un monastero maschile S. Stefano) e femminile nella città di Caen. Del monastero di S. Stefano fu nominato abate lo stesso Lanfranco (1066).
Nell'anno seguente lo si voleva eleggere alla sede vescovile di Rouen; ma egli si recò a Roma (1067) per ottenere il trasferimento a quella sede di Giovanni di. Durante la sua permanenza romana si interessò per l'invio di una legazione papale in Inghilterra ove si discuteva sulla sistemazione della gerarchia dopo l'avvenuta conquista da parte di Guglielmo (1066). La tendenza del re era infatti di sostituire la gerarchia locale con persone provenienti dalla Normandia. Fu proprio per questo che il re ottenne la nomina di Lanfranco ad arcivescovo di Canterburv nel 1070.
Le difficoltà incontrate nel primo anno di episcopato furono talmente gravi da spingerlo ad offrire ad Alessandro II la rinuncia. Si era infatti sviluppata una controversia con Tommaso di York in merito alla sede primaziale di Canterbury, diminuita di importanza e di prestigio negli anni precedenti. Il vescovo di York non intendeva più dipendere da Lanfranco e tendeva a sottrargli anche i vescovadi di Worcester, Lichfield, Rochester.
Il conflitto fu deferito a Roma; però papa Alessandro II preferí rimettere la soluzione ad un concilio inglese che si tenne prima a Winchester nella Pasqua del 1072 e poi a Windsor nella Pentecoste dello stesso anno. Sotto la presidenza del card. Uberto, legato del Papa, Lanfranco giustificò il diritto di supremazia avvalendosi della narrazione di Beda in merito alla sede di Canterbury e riferendosi a decisioni papali e di concili.
Questi ultimi documenti erano dei falsi: non sembra però, che siano compilazioni di Lanfranco, quantunque restino, secondo i critici, dei seri dubbi. Il concilio riconobbe i diritti primaziali di Canterbury, per cui Lanfranco poté, in seguito all'aumentato prestigio, svolgere un'efficace azione direttiva e riformatrice non solo in Inghilterra, ma anche in Irlanda.
La sua azione si sviluppò sia nel campo delle costruzioni (cattedrale di Canterbury, chiostro, ospizio, miglioramenti di chiese e monasteri), sia, soprattutto, nell'opera di riforma della Chiesa inglese. Già abate di Caen aveva iniziato in Normandia un'efficace riforma monastica restaurando la disciplina per riportare la vita dei monaci allo spirito della regola specie per la clausura ed il distacco dalle ricchezze. Questa opera riformatrice fu continuata in Inghilterra anche col trasferimento, nei monasteri dell'isola, di monaci provenienti dalla Normandia.
Eguale cura portò verso il clero attuando in Inghilterra le riforme che nel continente erano già in atto ad opera dei papi e specialmente di Gregorio VII. Tuttavia con questo pontefice non corsero sempre buone relazioni, anche perché qualche anno prima, il monaco Ildebrando aveva tramato per impedire che le decisioni del sinodo di Windsor fossero approvate a Roma, avendo visto in esse un'accentuata autonomia della Chiesa inglese.
Nella controversia fra Gregorio VII e l'antipapa Guiberto, Lanfranco conservò una posizione neutrale. Nell'opera di riforma egli si distaccò in alcuni punti da Gregorio VII riconoscendo valido il matrimonio dei parroci di campagna e non proibendo l'investitura fatta dai principi laici: concilio di Winchester del 1076.
Riorganizzò anche le circoscrizioni e le giurisdizioni ecclesiastiche trasferendo da villaggi secondari di campagna le sedi episcopali nelle città piú importanti; analoga disposizione prese per le parrocchie. Di quest'opera resta un segno visibile nel concilio di Londra del 1075. In quest'attività fu assecondato dal pieno appoggio di Guglielmo, che nei frequenti periodi di assenza dall'Inghilterra gli affidò la direzione della vita politica, ma dopo la morte di questi le relazioni col figlio Guglielmo il Rosso furono molto fredde.
Lanfranco morí il 28 maggio 1089 e fu sepolto nella cattedrale sotto l'altare di San Martino.
Restano di lui vari scritti, la cui importanza è generalmente molto relativa, salvo l'opuscolo già citato contro l'eresia di Berengario. Si citano come sue compilazioni le seguenti opere: Commentari sui Salmi (perduto) e su San Paolo; gli Statuta sive decreta pro ordine S. Benedicti (minuziosa spiega zione della Regola); note sulle Collationes di Cassiano (scarso valore); Liber de celanda confessione (sul sigillo sacramentale e sul modo di ovviare alla mancanza di confessore in casi estremi); Epistolae, interessanti per la storia e per il diritto. Da segnalare l'Ep. XXXIII, al vescovo Domnaldo d'Irlanda, sulla Comunione ai bambini.
Nella controversia sull'Eucaristia ha avuto il merito di denunciare l'errore di Berengario proponendo la dottrina tradizionale senza però approfondirla. Nei repertori Lanfranco è attualmente registrato al 28 maggio (raramente al 24).
(Autore: Gian Domenico Gordini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Lanfranco di Canterbury, pregate per noi.
*San Luciano (o Feliciano) - Martire (28 Maggio)
Luciano o Feliciano, martire sardo, discepolo dei santi apostoli Giacomo e Paolo, dai quali ascoltò il primo annuncio del Vangelo e di san Pietro, che lo battezzò.
Fu ucciso con un colpo di lancia del preside del processo Felice: era il 28 maggio del 69.
La chiesa di Cagliari lo celebra il 28 maggio e il 10 marzo giorno del ritrovamento delle sue Sante reliquie ora deposte nel Santuario della Cattedrale.
Molto venerato in Sardegna e a lui sono dedicate alcune chiese nell'oristanese.
(Autore: Don Marco Grenci – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Luciano, pregate per noi.
*Beato Luigi Biraghi - Sacerdote Fondatore (28 Maggio)
Vignate (Milano), 2 novembre 1801 – Milano, 11 agosto 1879
Monsignor Luigi Biraghi fu un sacerdote di profonda spiritualità e vasta cultura, che profuse nei seminari, quale insegnante e direttore spirituale. Fu consigliere dei suoi arcivescovi.
Nominato dottore della Biblioteca Ambrosiana, coltivò studi di storia ecclesiastica, di archeologia cristiana e di teologia. Nel difficile trapasso della Lombardia dall’Austria al Regno d’Italia, fomentò il dialogo e la pacificazione. Per l’educazione cristiana delle giovani fondò l'Istituto delle Suore Marcelline. Giovanni Paolo II lo ha dichiarato “venerabile” il 20 dicembre 2003. É poi stato proclamato beato il 30 aprile 2006.
Luigi Biraghi nacque a Vignate (MI) il 2 novembre 1801, quinto degli otto figli di Francesco Biraghi e Maria Fina; poco dopo la sua nascita, la famiglia si trasferì nel vicino paese di Cernusco sul Naviglio, dove Luigi trascorse la sua fanciullezza, finché a 12 anni entrò nel piccolo seminario di Castello sopra Lecco, da dove, dando seguito alla sua vocazione allo stato sacerdotale, proseguì gli studi specifici nei Seminari Maggiori di Monza e poi di Milano.
E nel Duomo di Milano, fu ordinato sacerdote il 28 maggio 1825 a 24 anni; fu subito destinato all’insegnamento nei Seminari di Castello sopra Lecco, di Seveso e di Monza; nel 1833 fu incaricato del delicato compito di direttore spirituale del Seminario Maggiore di Milano.
Nel 1848 riprese l’insegnamento, ma per le sopravvenute vicende politiche che coinvolsero in quegli anni tutta la Penisola, soprattutto nel Lombardo-Veneto, ne fu rimosso dagli austriaci nel 1850.
Nel 1855 fu nominato dottore della prestigiosa Biblioteca Ambrosiana e canonico onorario della Basilica di Sant’Ambrogio; ancora, nel 1864 fu nominato viceprefetto dell’Ambrosiana e nel 1873 ricevé l’onorificenza di prelato domestico di Sua Santità Pio IX.
Il Papa lo stimava moltissimo, tanto che nel 1862 gli si era rivolto personalmente con lettera autografa, perché usando la sua grande influenza, facesse da mediatore e paciere nel clero milanese, in quel tempo di contrasti diviso in due fazioni; i sostenitori della nuova unità nazionale italiana che stava concretizzandosi, ed i sostenitori del potere temporale dei Papi.
Mons. Luigi Biraghi era uomo di grande cultura e profonda vita interiore; appassionato studioso di patrologia e di archeologia: E proprio dalla conoscenza e dall’ammirazione per l’antichità cristiana e dalla sua devozione per Sant' Ambrogio, nacque in lui l’idea di fondare l’Istituto delle ‘Suore di Santa Marcellina’, che dovevano rinnovare l’ideale della verginità consacrata, tipica della Chiesa primitiva, abbinando l’impegno per l’educazione della gioventù femminile.
(Santa Marcellina, era la sorella maggiore di Sant’ Ambrogio e di San Satiro, nata a Treviri nel 330 circa, ricevette il velo delle vergini consacrate dalle mani di papa Liberio nel Natale del 353, nella Basilica di S. Pietro in Vaticano. Seguì i suoi fratelli a Milano per collaborare con loro e morì il 17 luglio del 400, tre anni dopo Sant’ Ambrogio, fu sepolta nella Basilica di S. Ambrogio presso la tomba del fratello).
L’Istituto, popolarmente detto delle “Marcelline”, fu fondato da mons. Luigi Biraghi nel 1838 a Cernusco sul Naviglio, con la collaborazione di madre Marina Videmari (1812-1891) che ne fu la prima superiora e la continuatrice della fondazione dopo la morte di lui.
L’Istituzione era dedita soprattutto all’educazione culturale e morale della gioventù femminile di condizione distinta, con l’impegno però di educare gratuitamente anche le fanciulle povere; aprì ben presto altre Case come collegi e scuole a Vimercate (1841), a Milano (1854), a Genova-Albaro (1868), a Chambéry (1876).
Libero da impegni pastorali diretti, mons. Biraghi consacrò tutte le sue energie, fino all’ultimo, alla formazione spirituale delle sue suore ed all’organizzazione della nuova Congregazione.
Morì l’11 agosto 1879 a 78 anni, nella foresteria del Collegio da lui fondato in onore dell’Immacolata, di via Quadronno a Milano. Fu sepolto nella tomba di famiglia a Cernusco sul Naviglio, ma poi nel 1951 le sue spoglie furono traslate nella Cappella della Casa-madre delle ‘Marcelline’ sempre a Cernusco. Il 27 ottobre 1971 il cardinale Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, diede inizio al processo diocesano per la sua beatificazione; fu dichiarato venerabile il 20 dicembre 2003 da Papa Giovanni Paolo II e proclamato Beato il 30 aprile 2006, secondo le nuove norme nel Duomo di Milano.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Luigi Biraghi, pregate per noi.
*Beata Margherita Pole - Madre di famiglia, Martire (28 Maggio)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987
Somerset, Inghilterra, 14 agosto 1473 – Londra, Inghilterra, 28 maggio 1541
Margaret Pole, contessa di Salisbury e madre del cardinal Reginaldo, disapprovò il divorzio del re Enrico VIII d’Inghilerra e per tale motivo fu ghigliottinata nella Torre di Londra. Fu beatificata il 29 dicembre 1886.
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Beata Margherita Pole, madre di famiglia e martire, che, contessa di Salisbury e madre del cardinale Reginaldo, fu decapitata nel carcere della Torre sotto il re Enrico VIII, del quale aveva disapprovato il divorzio, trovando così riposo nella pace di Cristo.
Come cadere in disgrazia del re, tanto da perderci la testa.
Sono significative al riguardo le vicende di nobili, ecclesiastici e funzionari della corte di Enrico VIII, re d’Inghilterra, decapitati perché si erano opposti al suo divorzio dalla legittima moglie e al conseguente strappo dalla Chiesa di Roma, per alcuni dei quali la morte fu riconosciuta autentico martirio e, in conseguenza di ciò, elevati all’onore degli altari.
La mannaia del boia non risparmiò neppure la nipote dei re d’Inghilterra Edoardo IV e Riccardo III, Margaret, figlia del duca di Clarence.
Cresciuta a corte insieme ai figli di Edoardo IV perché i suoi genitori sono morti entrambi quando lei ha pochi anni.
Le combinano il matrimonio secondo l’uso dell’epoca e allo scoccare dei 18 anni la danno in sposa a Sir Reginaldo Pole di Buckinghamshire, che però 12 anni dopo la lascia vedova con cinque figli da allevare.
Oltretutto si trova in notevoli difficoltà economiche, perché la sua famiglia è stata spogliata di tutte le proprietà e i titoli nobiliari.
Deve essere un modello di sposa, di madre e di vedova, oltreché di devozione e pietà, se Enrico VIII, salito al trono nel 1509, la considera “la donna più santa d’Inghilterra”.
É così tanta la stima che il re nutre per lei da farle restituire tutti i beni confiscati, reintegrarla in tutti i diritti della sua famiglia, crearla contessa di Salisbury e, addirittura, affidarle l’educazione della sua bambina, la principessa Maria.
La sua riabilitazione è però tanto rapida quanto la sua sfortunata caduta in disgrazia: infatti, la contessa Margaret è, sì, entrata nelle grazie del re ma non gli è così succube da avvallare il matrimonio che questi ha celebrato con Anna Bolena, dopo aver divorziato dalla moglie.
Lo disapprova, anzi, in modo così deciso e pubblico da attirarsi le ire del re che, come primo provvedimento, la esonera dall’incarico di governante della principessa e la costringe a lasciare la corte.
Vi è riammessa dopo la caduta di Anna Bolena, ma ormai i rapporti con il re sono definitivamente compromessi.
A peggiorare i già difficili rapporti certamente contribuisce uno scritto del figlio di Margaret (Reginaldo, futuro cardinale) a favore dell’unità della Chiesa e contro la supremazia del re, che ne resta così infastidito, anzi contrariato, da pensare di sbarazzarsi dell’intera famiglia.
Falsi testimoni arrivano ad accusare Margaret di cospirazione; sottoposta ad un estenuante interrogatorio per una giornata intera, tiene testa ai suoi accusatori con la sua abilità intellettuale e, soprattutto, con la sua dignità e la sua levatura morale che tutti le riconoscono.
Malgrado ciò, e quindi senza alcuna imputazione ma unicamente sulla base di calunnie, viene imprigionata nella torre per quasi due anni, patendo il freddo e la fame.
E dato che nessun tribunale se la sente di giudicarla e condannarla, scelgono di non processarla, privandola così della possibilità di difendersi.
La condannano però a morte mediante decapitazione, che viene eseguita il 27 (o 28) maggio 1541 da un boia maldestro che sbaglia mira e quindi prolunga la sua sofferenza.
Il 2 febbraio 1886 Papa Leone XIII proclama Beata Margherita Pole, la contessa che non aveva avuto paura di opporsi al re, anche a costo della vita.
(Autore: Gianpiero Pettiti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Margherita Pole, pregate per noi.
*Beata Maria Bartolomea Bagnesi - Domenicana (28 Maggio)
Firenze, 1514 - 1577
La fiorentina Maria Bartolomea Bagnesi trascorse gran parte dell'esistenza immobilizzata a letto dalla malattia. Dopo morta, compì un miracolo in favore di un'altra donna che sarebbe divenuta santa dopo aver vissuto anche lei nella sofferenza, Maria Maddalena de' Pazzi (che di poco la precede nel calendario, il 25 maggio).
Quest'ultima nel 1582 era entrata nel monastero fiorentino delle Carmelitane di Santa Maria degli Angeli, dove Maria Bartolomea era stata sepolta pochi anni prima, nel 1577, e dove ancora oggi si venera il suo corpo incorrotto. La beata era nata nel 1514 e a diciott'anni era stata colpita da una grave, misteriosa malattia che si intensificava ogni venerdì, nella Settimana Santa e in varie altre solennità liturgiche. Lei la sopportò con fede. A 33 anni il male le diede una tregua, permettendole di vestire l'abito di Terziaria domenicana. Il culto è stato approvato dal 1804. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Firenze, Beata Maria Bartolomea Bagnesi, vergine, suora della Penitenza di San Domenico, che per circa quarantacinque anni sopportò molti e aspri dolori.
Maria Bartolomea, di nobile famiglia fiorentina, fu un magnifico giglio che spuntò e crebbe tra acutissime spine. Fin dalla più tenera infanzia essa desiderò di essere tutta di Gesù, e l’andava dicendo con infantile entusiasmo. Se poi, per caso, si sentiva, per scherzo, rispondere negativamente, scoppiava in lacrime inconsolabili. Rimasta presto senza mamma, essa fu l’angelo del focolare domestico, di cui prese, con raro senno, il governo.
Il babbo se la vedeva crescere accanto, bella e gentile, e per lei vagheggiava il più roseo avvenire. Molti giovani nobili, attratti dal suo soave incanto, la chiesero in sposa. Il padre ne parlò alla figlia, dicendo che per lei non si trattava che di scegliere, perché egli non desiderava altro che di vederla sposa felice.
Essa si sentì venire meno. Un tremito strano la colse e tutte le membra le si disciolsero. Portata a braccia sul letto iniziò per lei un martirio che durò quarantacinque anni, sempre in preda a malanni, crudeli e misteriosi, che s’intensificavano ogni venerdì, nella Settimana Santa e nelle varie solennità dell’anno. A trentatré anni ebbe una miracolosa tregua ai suoi mali e poté così ricevere l’Abito del Terz’Ordine Domenicano, da lei tanto desiderato.
A tante infermità si aggiunsero le calunnie degli uomini e gli assalti del demonio, ma niente poté abbattere la sua pazienza. Il suo letto fu una cattedra e di lì essa, con gli esempi, le parole, le lettere fu a tante anime luce di vita. Morì il 28 maggio 1577. Venne sepolta nel Monastero Carmelitano di Santa Maria degli Angeli a Firenze, dove si venera il suo corpo incorrotto.
Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, entrata più tardi in quel Monastero, fu miracolosamente guarita per sua intercessione.
Papa Pio VII l’11 luglio 1804 ha approvato il culto.
(Autore: Franco Mariani - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Bartolomea Bagnesi, pregate per noi.
*Beata Maria della Natività - Vergine Mercedaria (28 Maggio)
+ 1580
La Beata Maria della Natività, al secolo Anna de Corro, si consacrò fin dai primissimi anni al Signore entrando nel monastero mercedario dell’Assunzione in Siviglia (Spagna).
Piena di virtù e umiltà era rallegrata continuamente da celesti visioni e restava lungo tempo in contemplazione lodando il Signore.
Gran numero di persone accorrevano al convento per raccomandarsi alle sue preghiere mentre la sua santità cresceva di giorno in giorno, finché nell’anno 1580 salì dallo Sposo celeste accompagnata da una soave musica per i suoi tanti meriti acquisiti.
L’Ordine la festeggia il 28 maggio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria della Natività, pregate per noi.
*Beata Maria Serafina del Sacro Cuore (Clotilde Micheli) - Fondatrice (28 Maggio)
Imer, Trento, 11 settembre 1849 - Faicchio, Benevento, 24 marzo 1911
La sua vita è la prova provata che, quand’anche una "telefonata celeste" indirizzasse chiaramente una persona verso una ben definita vocazione, la concretizzazione di questa è affidata al discernimento ed alla faticosa ricerca personale, da cui nessuno è esentato, tantomeno i santi. Clotilde Micheli nasce l’11 settembre 1849 a Imèr (Trentino) e dalla famiglia avrebbe tutto ciò che serve a far sbocciare una vocazione religiosa: un papà soprannominato "giusto"; una mamma che si divide tra casa e chiesa e che attira, come pensano i suoi vicini, le benedizioni del cielo sul paese; una sorella che sembra avere il filo diretto con il paradiso e che riceve in visione precise indicazioni sulla futura vita religiosa di Clotilde.
Le visioni, appunto, di cui oggi non si parla volentieri: ne beneficiano prima la sorella e poi la stessa Clotilde, ma non sono, come a prima vista sembrerebbe, un particolare privilegio, casomai un tormento. Perché se, proprio grazie alle visioni, è ben chiaro il progetto di Dio su di lei, queste accentuano anche le sue fatiche per attuarlo.
In particolare, le sembra evidente che Dio non la vuole suora tra le tante già esistenti, bensì fondatrice di una nuova congregazione che abbia lo specifico scopo di adorare la SS. Trinità, con speciale devozione alla Madonna ed agli Angeli, quali modelli di preghiera e di servizio. Ma dato che il diventare fondatrice non è precisamente come bere un bicchier d’acqua, ecco le prime difficoltà, che sembrano a dir poco insormontabili. Gli ostacoli maggiori non li riscontra in famiglia, che anzi la sollecita a rispondere alla sua vocazione, piuttosto in lei ed in chi dovrebbe consigliarla e sostenerla. Monsignor Agostini, futuro patriarca di Venezia, la incoraggia a proseguire sulla strada intrapresa, ma lei si spaventa ed ha paura di non essere all’altezza della situazione; si trasferisce a Padova, dov’è sostenuta da un altro consigliere spirituale illuminato, che però muore troppo presto; con un sotterfugio qualcuno cerca di farla sposare e lei scappa in Germania, dove si sono trasferiti i genitori, e per otto anni si mette al servizio dei malati come infermiera piena di dolcezza e carità, ma neanche questa è la sua strada. Per farla breve, tra una spinta ed un tentennamento, Clotilde a 38 anni ancora non ha capito dove il Signore la sta attirando. Decide così di andargli incontro, iniziando un pellegrinaggio a piedi che ha come meta Roma e come tappe intermedie i principali santuari mariani. Qui entra nell’Istituto delle Immacolatine prendendo il nome di suor Annunziata, ma vi rimane poco più di due anni, il tempo cioè per accorgersi che non è quello il posto per lei.
L’irrequieta Clotilde prosegue così il suo viaggio verso Caserta, nei cui dintorni, finalmente, riesce a raccogliere le prime cinque ragazze che a giugno 1891 prendono il velo insieme a lei: nascono così le Suore degli Angeli, adoratrici della Trinità, proprio come fin da ragazza aveva sognato. Lei prende il nome di Suor Maria Serafina del sacro Cuore ed appena un anno dopo alle sue prime suore viene affidato un orfanotrofio.
L’assistenza all’infanzia ed alla gioventù abbandonata diventa così il carisma specifico, coniugato alla preghiera adorante che Madre Serafina sente come loro impegno primario. "Figliole mie, imparate a sorridere sempre", raccomanda, mentre lei è la prima ad esercitarsi quando arriva la malattia, attraversa l’incomprensione di alcune consorelle, fa fronte alle calunnie che minano ed indeboliscono sempre più il suo fisico.
Non aveva detto un giorno: "Signore non so amarti, ma insegnami a patire, che patirò per amore"? Probabilmente le tocca anche una lunga notte dello spirito, se ad una consorella confida: "So che amo il Signore, ma non lo sento".
Così, consumata dalle sofferenze fisiche e morali, spira il 24 marzo 1911, esattamente un secolo fa, mentre le sue figlie continuano "come gli Angeli ad adorare la Trinità e sono sulla terra come essi sono nei cieli". Proclamata venerabile nel 2009, Madre Serafina Micheli è stata beatificata il 28 maggio 2011.
(Autore: Gianpiero Pettiti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Clotilde Micheli nacque a Imer (Trento) l’11 settembre 1849 da genitori profondamente cristiani; a 3 anni come si usava allora, ricevé il Sacramento della Cresima, a Fiera di Primiero dal vescovo-principe di Trento Mons. Tschiderer; a 10 anni ricevé la Prima Comunione.
A partire dalla sua giovinezza la vita di Clotilde Micheli sembra un romanzo ottocentesco, in realtà la Volontà di Dio plasmava quest’anima predestinata, facendola vagare da un posto all’altro, alla ricerca di come realizzare la rivelazione fattagli dalla Madonna il 2 agosto 1867, mentre a 18 anni era in preghiera come al solito nella chiesa di Imer.
La Madonna le manifestò la Volontà di Dio che venisse fondato un nuovo Istituto religioso, con lo specifico scopo di adorare la SS. Trinità, con speciale devozione alla Madonna ed agli Angeli, quali modelli di preghiera e di servizio.
Seguendo il consiglio di una donna saggia e prudente di Imer, Costanza Piazza, Clotilde si recò a Venezia per consigli spirituali da Mons. Domenico Agostini, futuro patriarca della città lagunare, il quale consigliò la giovane ad iniziare l’opera voluta da Dio, invitandola a stenderne la Regola.
Ma essa presa dal timore di non riuscire, strappò le lettere di presentazione e ritornò ad Imer. Nel 1867 si trasferì da sola a Padova, qui rimase per nove anni fino al 1876, seguendo la guida spirituale di mons. Angelo Piacentini, professore del locale Seminario, cercando di capire meglio la chiamata ricevuta.
Alla morte del Piacentini nel 1876, Clotilde Micheli si recò a Castellavazzo (Belluno) presso l’arciprete Gerolamo Barpi, il quale conosciute le intenzioni della giovane, mise a sua disposizione un vecchio convento per la nuova fondazione.
Nel 1878 Clotilde stava per subire con un sotterfugio, un matrimonio combinato, per cui avendolo saputo, se ne fuggì in Germania ad Epfendorf nel Wurttemberg, dove i genitori si erano da poco trasferiti per lavoro.
Rimase in Germania sette anni, dal 1878 al 1885 lavorando come infermiera presso l’Ospedale delle Suore Elisabettine e facendosi notare per la sua carità e la delicatezza usata verso gli ammalati. Dopo la morte della madre nel 1882 e del padre nel 1885, decise di lasciare definitivamente la Germania e ritornò ad Imer suo paese natio.
Due anni dopo, questa irrequieta donna di 38 anni, insieme alla cugina Giuditta, intraprese nel maggio 1887 un pellegrinaggio a piedi verso Roma, facendo tappe a vari Santuari Mariani, con devozione e spirito di penitenza, sempre intenzionata a verificare ancora la Volontà di Dio, circa la fondazione ideata.
Ad agosto giunsero a Roma e ospitate dalle Suore di Carità Figlie dell’Immacolata (Immacolatine) fondate da Maria Fabiano; la fondatrice conosciuta Clotilde più profondamente, la convinse a prendere l’abito del suo nascente Istituto, promettendole di lasciarla libera se si fosse attuato il suo disegno giovanile.
Clotilde prese il nome di suor Annunziata e rimase fra le Immacolatine fino all’inizio del 1891, ricoprendo anche la carica di superiora dal 1888 al 1891 nel convento di Sgurgola d’Anagni.
La sua discesa verso l’Italia del Sud proseguì nel 1891, arrivando ad Alife (Caserta) su invito di padre Francesco Fusco da Trani, francescano conventuale, che intendeva proporre a Clotilde la realizzazione di una fondazione ideata dal vescovo Mons. Scotti, ma lei constatò che il progetto del vescovo, non concordava con quello che sembrava essere il disegno di Dio su di lei.
Dopo essersi spostata a Caserta ospite di una famiglia che la sosteneva, Clotilde passò nella vicina Casolla con due giovinette che si erano unite a lei. Dopo alcuni mesi, il vescovo di Caserta Mons. De Rossi, principe di Castelpetroso, autorizzò la vestizione religiosa del primo gruppo di cinque suore, che avvenne con la presenza di padre Fusco il 28 giugno 1891, la nuova Istituzione prese il nome di Suore degli Angeli, adoratrici della SS. Trinità.
La fondatrice Clotilde Micheli aveva 42 anni e prese il nome di suor Maria Serafina del Sacro Cuore. Un anno dopo un primo nucleo di suore fu inviato a gestire un orfanotrofio a S. Maria Capua Vetere (Caserta), che divenne anche la prima Casa dell’Istituto, seguita poi da altre opere, volte ad aiutare l’infanzia e la gioventù abbandonata.
Ma per madre Serafina cominciò, a partire dalla fine del 1895, un periodo di sofferenze fisiche, che dopo un intervento chirurgico molto delicato, sollecitato dallo stesso vescovo di Caserta, la indebolì vistosamente. Nel frattempo dopo varie vicende fu aperta nel giugno 1899 la Casa di Faicchio (Benevento) che in seguito diventerà l’Istituto di formazione della Congregazione. Madre Maria Serafina fu impegnata a realizzare altre opere ad un ritmo sostenuto che la indebolì ulteriormente, tanto da costringerla a non muoversi più da Faicchio.
Come quasi tutte le fondatrici di Congregazioni religiose, anche lei ebbe molto a soffrire moralmente per le incomprensioni patite anche all’interno stesso del suo Istituto, e il 24 marzo 1911, consumata dalle sofferenze fisiche morì nella Casa di Faicchio, dove è tumulata.
Per la santità della sua vita, che aumentò dopo la sua morte, le sue Suore degli Angeli avviarono la causa per la sua beatificazione, con il nulla osta della Santa Sede del 9 luglio 1990 e che procede presso la competente Congregazione per le Cause dei Santi. Il suo carisma di prescelta con un intervento della Vergine nel lontano 1867, l’accompagnò per tutta la vita e si diffonde tuttora nella sua Congregazione, come dono dello Spirito Santo: "Come gli Angeli adorerete la Trinità e sarete sulla terra come essi sono nei cieli".
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Serafina del Sacro Cuore, pregate per noi.
*San Paolo Hanh - Martire (28 Maggio)
Cho Quán, Vietnam, 1826 circa - 28 maggio 1859
Martirologio Romano: In località Chợ Quán nella Cocincina, ora Viet Nam, San Paolo Hạnh, martire, che, dimentico della morale cristiana, si era posto a capo di una banda di ladri; arrestato sotto l’imperatore Tự Đức, si professò cristiano e, non potendo né lusinghe, né flagellazioni, né tenaglie farlo desistere dalla fede, andò incontro a un glorioso martirio mediante la decapitazione.
Cristo, ormai inchiodato in croce, promise al Buon Ladrone il Paradiso. Da ciò la Chiesa non ha mai escluso la possibilità di conseguire la vita eterna per coloro i quali, seppur non esemplari nel corso dell’intera vita, con la grazia divina si fossero convertiti al Vangelo.
Esempio emblematico in tale direzione, a noi vicino nel tempo, è un fedele laico vissuto ed ucciso in odio alla sua fede cattolica nel lontano Vietnam: San Paolo Hanh.
Nato a Cho Quan da una famiglia cristiana, Paolo si lasciò coinvolgere dai suoi due fratelli nella banda di ladri di cui erano a capo.
É comprensibile come in tal modo non si guadagnò propriamente una buona fama, finché un giorno si ravvide ed intimò ai suoi compagni di scorribande di restituire il maltolto ad una donna, cui avevano svaligiato la casa.
Questi però rifiutarono la sua richiesta e per vendetta lo accusarono presso l’autorità di rapine e di trattative segrete con i francesi.
Paolo Hanh venne dunque arrestato, ma negò le accuse rivoltegli. Quando però gli fu chiesto se fosse cristiano, non esitò ad ammettere la sua fede.
Più volte invitato a rinnegarla, anche sotto pesanti torture, nulla riuscì a rimuoverlo dalla sua fermezza: la flagellazione, gli strappi di carne con tenaglie fredde ed arroventate, infine la decapitazione suggellarono il suo martirio in odio alla fede cattolica sotto l’imperatore Tu Duc. Era il 28 maggio 1859.
Le sue spoglie trovarono sepoltura nel cimitero di Cho Quan.
Il 2 maggio 1909 il pontefice San Pio X procedette alla beatificazione di un gruppo di Martiri Annamiti, tra i quali Paolo Hanh, ed il 19 giugno 1988 Giovanni Paolo II canonizzò tutti i 117 martiri in terra vietnamita, la cui festa comune è celebrata al 24 novembre.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paolo Hanh, pregate per noi.
*Beati Tommaso Ford, Giovanni Shert e Roberto Johnson - Sacerdoti e Martiri (28 Maggio)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987
+ Londra, Inghilterra, 28 maggio 1582
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Beati Tommaso Ford, Giovanni Shert e Roberto Johnson, sacerdoti e martiri, che, condannati a morte sotto la falsa accusa di congiura contro la regina Elisabetta I, furono impiccati tutti insieme sul patibolo a Tyburn.
Beato Tommaso Ford
Nato nella contea di Devon, frequentò a Oxford il Trinity College, ottenendovi nel 1567 il dottorato in lettere. Fin da quel tempo, però, sentiva per il Cattolicesimo una forte simpatia che spesso manifestava apertamente, come quando, avendo sentito in una disputa pubblica uno dei suoi colleghi pronunciare parole insolenti contro il Papa, iniziò il suo discorso di risposta dicendo: Non posso sopportare tali parole irriverenti a proposito di un padre così virtuoso e santo».
E poiché non sapeva limitare esplosioni di tal genere, fu obbligato a lasciare il collegio e i vantaggi derivanli dal suo grado; il che lo spinse a desiderare sempre più intensamente il sacerdozio cattolico, così nel 1570 ruppe definitivamente con il protestantesimo e nel 1571 passò nel seminario di Douay, dove, nel marzo 1573, fu ordinato sacerdote.
Tornato in patria il 2 maggio 1576, potè lavorare senza interruzione nella contea di Oxford per cinque anni, nonostante fosse riconosciuto da molti; ma le doti amabili del suo carattere generoso ispirarono tale riguardo e rispetto verso il missionario, che a nessuno venne in mente di tradirlo.
Solo il 17 luglio del 1581 fu scovato in un nascondiglio della casa del cattolico Yates a Lyford (Bertshire) con il Beato Edmondo Campion.
Avrebbe voluto presentarsi prima da solo, sperando di salvare così il compagno; ma questi non glielo permise. Chiuso nella prigione della Torre di Londra il 22 luglio, vi fu torturato varie volte per indurlo a confessare dove e presso chi aveva celebrato Messa, quali persone avesse confessato e dove si trovavano nascosti altri sacerdoti; ma il martire non aprì bocca.
Perciò fu accusato di aver cospirato contro la regina in una congiura tenuta a Reims; la accusa fu presto abbandonata perché contrastante con i fatti; nulla poi provarono le risposte alle solite capziose interrogazioni intorno alla Bolla di scomunica di San Pio V e al riconoscimento del potere temporale e spirituale della regina.
Il che non valse ad evitargli, il 21 novembre dello stesso anno, la condanna alla morte dei traditori. Fu impiccato e squartato al Tyburn di Londra il 28 maggio 1582.
Fu beatificato il 30 luglio 1886.
(Autore: Celestino Testore – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Beato Giovanni Shert
Nato nel Cheshire, e molto probabilmente a Shert Hall, vicino a Macclesfield, studiò nel Brasenose College di Oxford, dove si addottorò in lettere nel 1566, passando subito dopo ad insegnare a Londra.
Cattolico nel cuore, lo Shert si sentì ad un certo momento attratto dalla vita religiosa, per cui lasciò l'Inghilterra recandosi a Douai per seguire gli studi ecclesiastici nel Collegio inglese di recente istituzione, ove poté essere ammesso il 9 gennaio 1576, su raccomandazione di Tommaso Stapleton, uno dei professori del Collegio stesso, al servizio del quale egli si trovava.
Dopo circa un anno di permanenza a Douai, in cui visse pauper communibus... impensis (cf. The first and second diaries of the English College, Douay, ed. T. F. Knox, Londra 1878, p. 99), fu inviato, il 9 novembre dello stesso 1576, a continuare gli studi nel Collegio inglese di Roma, appena eretto, dove rimase sino all'estate del 1578, ricevendovi l'ordinazione sacerdotale.
Destinato alle missioni inglesi, rimpatriò alla fine di ag. «primus Romani seminarli alumnus qui Angliam ingressus est», riuscendo ad esercitare attività missionaria per quasi tre anni, dapprima nella sua natia contea di Cheshire e poi a Londra, o nei suoi dintorni.
Arrestato il 14 luglio 1581 e rinchiuso nelle prigioni della Torre, fu processato nel novembre seguente sotto l'imputazione di avere partecipato alla pretesa congiura di Reims e di Roma; condannato alla pena capitale, venne giustiziato al Tyburn di Londra il 28 maggio 1582, dopo aver ulteriormente rifiutato di aver salva la vita, a condizione di riconoscere la supremazia spirituale della regina.
Beatificato da Leone XIII il 29 dicembre 1886, insieme con vari altri martiri inglesi, lo Shert viene festeggiato il 28 maggio.
Nativo dello Shropshire, Johnson fu da giovane al servizio di una nobile famiglia inglese, ciò che non basta tuttavia ad affermare, come han fatto taluni autori, che egli fosse di bassa origine.
Anche ammettendo l'umiltà dei suoi natali, aveva comunque ricevuto una buona educazione, se, lasciata l'Inghilterra verso la fine del 1569, poté, a quanto sembra, abbracciare lo stato ecclesiastico, entrando nel Collegio teutonico di Roma (il Collegio inglese non esisteva ancora) il 1° ottobre 1572, come risulta dai documenti ivi conservati. Passato, nella prima metà del 1574, al Collegio inglese di Douai, vi ricevette l'ordinazione sacerdotale nell'aprile del 1576, venendo subito destinato alla missione inglese.
Rimangono tuttavia ancora sconosciuti i luoghi ed ignote le circostanze della sua attività missionaria, perdendosi di lui qualsiasi traccia sino al 28 settembre 1579, allorché il Diario di Douai lo dà presente a quella data a Reims di passaggio per Roma, dove si recava in pellegrinaggio.
Sulla strada del ritorno venne raggiunto da un certo Sledd o Sleydon, rivelatosi successivamente una spia del governo inglese, al quale dovette infatti la sua cattura a Londra nell'estate del 1580. Trasferito insieme con parecchi altri preti e ricusanti nelle tetre prigioni della Torre il 5 dicembre dello stesso anno, il Johnson fu più volte crudelmente torturato.
Sotto l'imputazione di aver partecipato alla pretesa cospirazione contro la regina, concertata a Reims e a Roma, venne processato unitamente al Beato Edmondo Campion il 14 novembre 1581, senza tuttavia che gli fosse data la possibilità di difendersi.
Condannato a morte il 20 successivo, ebbe rinviata l'esecuzione di sei mesi, allo scadere dei quali venne condotto con altri due preti, Thomas Ford e John Shirt, al Tyburn di Londra per esservi giustiziato.
Protestando invano la sua innocenza e pregando ad alta voce in latino, tra lo sdegno dei ministri protestanti presenti, il Johnson immolò la sua vita sul patibolo il 28 maggio 1582, andando così ad ingrossare la schiera gloriosa dei martiri della fede. Beatificato da Leone XIII il 29 dicembre 1886, viene commemorato il 28 maggio.
(Autore: Niccolò Del Re – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Tommaso Ford, Giovanni Shert e Roberto Johnson, pregate per noi.
*Santa Ubaldesca Taccini - Vergine dell'Ordine di Malta (28 Maggio)
Calcinaia (Pisa), 1136 - Pisa, 28 maggio 1206
Nata a Calcinaia nel 1136 da genitori di umile condizione, Ubaldesca, figlia unica, fin da giovane seppe mostrarsi umile e devota nei confronti della famiglia e di Gesù.
Solerte nella pratica della preghiera, accompagnata spesso dal digiuno, la Santa pisana si distinse soprattutto per la carità esercitata verso i poveri.
Chiamata dal Signore ad entrare nell'ordine gerosolimitano di San Giovanni (istituito pochi anni prima nel 1099 a Gerusalemme presso la Chiesa di San Giovanni Battista sotto la regola di Sant'Agostino) all'età di 15 anni lasciò Calcinaia per la città di Pisa, fermandosi nella Chiesa di San Sepolcro (costruita nei primi anni del secolo XII dall'architetto pisano Diotisalvi).
Per tutti i 55 anni di vita religiosa, Ubaldesca praticò nel monastero e nello "Spedale" della città l'umiltà e la carità, mortificando di continuo il suo corpo con digiuni intensi e prolungati.
La Santa pisana operò miracoli già in vita e, dopo la morte avvenuta il 28 maggio 1206 festa della Santissima Trinità, si moltiplicarono le guarigioni straordinarie legate al suo nome. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Pisa, Santa Ubaldesca, vergine, che dall’età di sedici anni fino alla morte, per cinquantacinque anni, svolse con perseveranza in un ospizio opere di misericordia.
Santa Ubaldesca Taccini è una Santa che segnò profondamente la vita spirituale di Pisa nei secoli XII-XIII, insieme con Santa Bona, San Guido della Gherardesca e San Ranieri.
In un periodo storico che vide la Repubblica Marinara di Pisa dominare il Mediterraneo e i suoi cittadini godere di un tenore di vita particolare, la Santa propose un modello di vita sganciato dalla vita sociale pisana e strettamente fedele al messaggio di povertà e rinuncia predicato da Gesù.
Nata da genitori di umile condizione, Ubaldesca, figlia unica, fin da giovane seppe mostrarsi umile e devota nei confronti dei genitori e di Gesù.
Solerte nella pratica della preghiera, accompagnata spesso dal digiuno, la Santa pisana si distinse soprattutto per la carità esercitata verso i poveri.
Chiamata dal Signore ad entrare nell'ordine gerosolomitano di San Giovanni (istituito pochi anni prima nel 1099 in Gerusalemme presso la Chiesa di San Giovanni Battista sotto la regola di Sant'Agostino) all'età di 15 anni lasciò Calcinaia per la città di Pisa, fermandosi nella Chiesa di San Sepolcro (costruita nei primi anni del secolo XII dall'architetto pisano Diotisalvi).
Per tutti i 55 anni di vita religiosa, Ubaldesca praticò nel monastero e nello "Spedale" della città l'umiltà e la carità, mortificando di continuo il suo corpo con digiuni intensi e prolungati.
La Santa pisana operò miracoli già in vita e, dopo la morte avvenuta il 28 maggio 1206 festa della Santissima Trinità, si moltiplicarono le guarigioni straordinarie legate al suo nome.
Attualmente alcune reliquie di Ubaldesca Taccini si trovano anche a Malta, consegnate in data 31 giugno 1587.
Sisto V (1585-1590) concesse l'indulgenza plenaria per quanti visitavano la Chiesa maltese il giorno 28 maggio.
(Autore: Massimo Salani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Ubaldesca Taccini, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (28 Maggio)
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Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.